VENERDI' 8 MAGGIO - ORE 21
DISPONIBILE PER 72 ORE CONSECUTIVE
"PROCESSO A MUSSOLINI"
di
MICHAEL FOOT
"Verbale del primo grande processo per criminali di guerra
tenuto a Londra nel 1944 o 1945"
nell'adattamento per il palcoscenico di ALFIO BERNABEI
Personaggi ed interpreti
BENITO MUSSOLINI: Luca Cioccolanti
PROCURATORE GENERALE: Michele Ceppi
AVVOCATO DELLA DIFESA: Dante Ricci
CANCELLIERE: Stefano Squadroni
GIUDICE: Claudio Belfiori
ABISSINA: Simona Zavarella
SPAGNOLA: Federica Bernardini
ITALIANA: Mugia Bellagamba
PRODUZIONE E REGIA:
Paolo Pirani
SCENE: REX-Renato Ugili
LUCI: Roberto Magrini
FONICA: Marco Santarelli
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Quando,
giovane studente del D.A.M.S. (Discipline delle Arti della
Musica e dello Spettacolo) di Bologna, il prof. di regia mi
chiese se si potesse mai fare uno spettacolo con gli atti di un
processo, la pensai una domanda a effetto, un po’ provocatoria
un po’ fuori argomento. Poi, dovendo
dubitare della sanità mentale del docente (cosa che certamente
non era trattandosi di Luigi Squarzina), e riconsiderando quello
che il giorno precedente avevo appreso sulle forme tradizionali
e anticonvenzionali della messa in scena, conclusi che sì, era
possibile fare uno spettacolo anche con gli atti di un processo.
E mi divertii a stilare una serie di similitudini: l’aula di un
tribunale come una sala teatrale, gli avvocati e gli imputati
come gli attori, la giuria popolare come il pubblico di uno
spettacolo, la durata dell’udienza come quella di un dramma, gli
atti del processo come
il copione (nel quale, fra l’altro, è possibile
individuare dialoghi e monologhi, ovvero gli interrogatori e le
requisitorie), il giudice come il regista. Era
ed è teatro, un evento teatralmente compiuto, la messa in scena
di un processo. Assurdo, anzi no, realistico. E una gara
sportiva, una festa di compleanno, una funzione religiosa o una
ricorrenza civile allora ?, pensiamoci: spazio e tempo canonici
e prestabiliti, attori e regista, il copione e così via.
Incredibile: la vita come teatro e viceversa, l’una
incastrata nell’altro e con l’altro, la realtà che si presenta a
volte menzognera e la finzione (teatrale, cinematografica,
letteraria) chiamata altre volte al
disvelamento e denuncia sociale. Insomma,
e per uscire da questa fantasiosa spirale creativa, si direbbe
che gli elementi del teatro, o meglio della “teatralità”, sono
connaturati con l’uomo e talmente intricati con il quotidiano da
apparire in costante sovrapposizione. Tutto
questo per dire che, vent’anni dopo, mi è dato imbattermi
guarda caso proprio in un testo teatrale che assume i
connotati di un processo, che ricrea ambientazione e andamento
di un processo, che però ci dice: “Guardate che questo è un
processo ma si svolge a teatro, dunque beneficia delle
‘attenuanti’ dello spettacolo pur rifacendosi a testimonianze
attendibili. E questo è il senso
dell’operazione, prima letteraria (il profetico scritto di
Michael Foot datato 1943) poi teatrale (l’adattamento di Alfio
Bernabei, presentato come lettura drammatizzata nel 2007).
Questo testo - spettacolo, che non è un processo ma è scritto e
rappresentato come se lo fosse, del quale ho scientemente acuito
l’aspetto della provocazione teatrale sin quasi al grottesco,
non deve svolgere una funzione né accusatoria né assolutoria nei
confronti della storia, nemmeno di Mussolini (l’imputato). Tutto
sembra preso letteralmente a pretesto per porre in evidenza un
monito e un auspicio: il monito a non più fare/subire il male;
l’auspicio a non guardare all’assoluto senza l’antidoto del
relativo. E’ anche un testo scritto da un inglese, per inglesi,
con personaggi inglesi (per i quali traspare una nemmeno troppo
celata chiamata di correità con la prima fase del Fascismo da
parte dell’Autore), ma ambisce rivolgersi a un uditorio ben più
vasto, non foss’altro per i contenuti del periodo e delle
personalità evocate e presentate come, in particolare,
l’italianissimo Duce. Attorno al quale ruota il dibattimento,
non alla ricerca di verità nuove o diverse da quelle consacrate
dalla storia ufficiale, quanto piuttosto credo (e voglio
sperare) di un metodo di analisi della vicenda umana, di
approccio alla realtà, di giudizio degli accadimenti, da cui
trapela un inno alla libertà, alla critica, alla vita. Alla
libertà delle idee, alla critica del dato categorico, alla vita
come sommo bene inalienabile. Mi piace
pensarla così. Mi ha stimolato, ancora una
volta, la proposta intelligente dell’attivissimo centro
Calamandrei, sempre attento all’evolversi del costume, che
produce questo spettacolo, affidandone l’allestimento sempre
alla Compagnia Teatroluce-Res Humanae, ulteriore tributo al
teatro come momento privilegiato e privilegiante di incontro,
confronto, crescita.
p. Teatroluce-Res Humanae - Paolo Pirani |
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Buona Visione |
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